Lost Horizon – Recensione – II parte

Suono/Musica/Doppiaggio.

La maggior parte delle musiche e degli effetti sonori è stata realizzata da Thorsten Engel .

Non so se abbia scritto anche la canzone quella cantata dalla ragazza nel  night club all’inizio dell’avventura (o se si tratti di canzone dell’epoca), ma è davvero notevole. Difficilmente le musiche hanno parte fondamentale in un’avventura, ma in questo caso lo hanno, eccome. Buona parte dell’atmosfera anni ’30 deriva dalla colonna sonora, davvero ben fatta. L’esibizione della ragazza di cui sopra è un piccolo gioiello di commistione musica/cinema/videogioco, di cui esistono pochi altri esempi, nel nostro genere.

Come show e videogioco a volte fanno rima

Il doppiaggio è svolto egregiamente, senza voler scendere in complimenti eccessivi, e la caratterizzazione linguistica dei personaggi è resa senza scendere in macchiette folkloristiche che avrebbero ridicolizzato l’effetto finale. Vale a dire l’ambasciatore inglese parla il suo forbito britannico, l’ufficiale nazista parla il suo accento tedesco duro e spigoloso, ma non vanno aldilà di quanto ragionevolmente ci si aspetterebbe senza scadere nel ridere.

La traduzione mi è sembrata piuttosto curata nel complesso, non mi è capitato di trovare svarioni grammaticali (tranne un raccapricciante “non so proprio a cosa servi”, che bonariamente supporremo trattarsi di un typo), anche se qua e là è emersa l’incertezza nella traduzione di alcuni hot-spot (ad esempio una “tinozza” al posto di una evidente “vasca”), dovuta probabilmente al fatto che ai traduttori deve essere stati sottoposti semplicemente i testi da tradurre, e non anche le schermate o il gioco da giocare (o non hanno avuto il tempo di visitare e controllare tutte le traduzioni in-game).

Enigmi.

Punto controverso, questo.

Fermo restando che Lost Horizo non inventa niente di nuovo, in nessuno dei suoi aspetti, ma semplicemente prende da quanto già esisteva e lo interpreta in modo, lasciatemelo dire, estremamente elegante, per quanto riguarda gli enigmi, beh, forse il pelo nell’uovo si riesce a trovarlo, e forse più d’uno.

Innanzitutto, l’inventario: a scomparsa, nel lato inferiore dello schermo, presenta, come al solito, la rassegna di tutti i vostri oggetti rappresentati da icone. Una bella funzionalità consente di cliccare su un’icona e trascinarla su un altro oggetto per poterli combinare – eventualmente – tra di loro; il problema è che questa funzione si rivela, all’atto pratico, fin troppo bella: non essendo l’inventario mai troppo affollato, nei casi in cui vi troverete senza idee, vi troverete a provare tutto con tutto, magari a casaccio o in maniera metodica esaurendo tutte le combinazioni del “prova X con Y”, per X,Y ε {inventario}, X =/ Y, e questa che era una pratica vecchia come il mondo, per carità, risulterà essere, tramite la comodità di cui sopra, un’operazione da svolgere in al massimo 30 secondi.
Per fortuna, ci troveremo davanti anche ad alcuni puzzle “veri”, ma mai “cerebrali”: ricostruzione di foto strappate, sbrogliare laocoontiche matasse di fili elettrici , oltre a tutte le possibili variazioni sul tema “aprire la porta chiusa”.

Un esempio di un puzzle di Lost Horizon

Solo un paio di piccoli pixel hunting (e forse usare questo termine è già esagerare) potrebbero mettersi sulla vostra strada verso la soluzione, ma tenete conto che vi sono varie possibilità del sistema, attivabili o disattivabili a piacere, per rendere l’esperienza di gioco più agevole, come l’ormai affermato sistema di visualizzazione di tutti gli hotspot.

Da elogiare la scelta di evidenziare gli hotspot, a passaggio del mouse, con delle belle scritte chiare e grandi su riquadro scuro, ideale per gli ipovedenti e i vecchietti come il sottoscritto che ormai cominciano a perdere colpi.

Un bel hotspot evidenziato come si deve.

In generale, Lost Horizon, per quanto concerne gli enigmi, mi ha ricordato molto Broken Sword: un’avventura che mette la giocabilità e l’esperienza d’avventura in primo piano rispetto alla difficoltà degli enigmi: chi ama scervellarsi per ore sulla risoluzione di un enigma dovrebbe tenersi alla larga da Lost Horizon. Spesso con LH l’azione da attuare è più che esplicita, piuttosto la difficoltà (se mai, come ho detto, vogliamo parlare di difficoltà) sta nel reperire gli oggetti che ci servono ad attuarla e a metterli insieme correttamente. In questo senso molti enigmi non si esauriscono in un semplice X+Y, ma coinvolgono più oggetti: X+Y+Z+… Ad ogni modo, per quanto semplici possano essere, sono divertenti da svolgere e sempre ben inseriti nella trama. Niente “giochi del quindici”, insomma, o papiri da decifrare attraverso caratteri esotici di alfabeti astrusi, magari numerici.

Storia.

Qui arriva il bello, il punto essenziale del contendere.
Per cosa giocate alle avventure grafiche?
Per la trama? Ma esistono quantità indefinibili di romanzi, film ed opere narrative là fuori, tutto sommato. Che bisogno c’è di affidarsi ad opere come le avventure?
Il fatto è che queste combinano più generi in modo inesplicabile: il gioco, la narrazione, l’appagamento visivo, la musica, l’enigmistica, se volete.
E Lost Horizon lo riesce a fare in maniera magistrale, mettendo in testa, giustamente, la narrazione ma senza svilire anche gli altri aspetti a cui accennavo. La scelta di mettere in mano ad una scrittrice, Claudia Kern, in primis, la sceneggiatura si rivela esplicitamente vincente. Sin dalle prime fasi del gioco, e senza cadute di interesse in tutto il suo svolgimento, la sensazione di trovarci di fronte a quella sarebbe potuta essere a buon diritto la trama di un film è mantenuta viva dallo stile adottato, dai frequenti cambi di scena, dall’adozione di inquadrature tipicamente ammiccanti al mondo del cinema. Anzi, a dirla tutta, Lost Horizon potrebbe essere un gioco tratto da un film.

La storia, in breve. Fenton Paddock, ufficiale dell’Esercito Britannico congedato con demerito per un fatto che si chiarisce nel corso dell’avventura, viene incaricato dal governatore locale di recuperare le tracce del figlio disperso, fra l’altro suo carissimo amico. Nell’affrontare questa missione, Fenton troverà sulla sua strada antiche forze esoteriche e l’esercito nazista interessato adentrarne in possesso. I fatti si basano in parte su elementi storici ben precisi e documentati: in effetti il regime nazista inviò una spedizione in Tibet negli anni ’30, con obiettivo l’individuazione delle tracce dell’origine della razza ariana (sic), supposta derivante da una razza semidivina che prima aveva dato origine alla civiltà di Atlantide (ri-sic), e poi si era spostata nel Tibet. Questa civiltà avrebbe ivi fondato il mitico regno di Shambala , e la Deutsches Ahnenerbe – Studiengesellschaft für Geistesurgeschichte (Eredità tedesca degli antenati – Società di studi per la preistoria dello spirito), fondata niente meno che da Himmler in persona nel 1935, si era votata, fra le altre cose, alla sua ricerca.
In questa accurata ambientazione storica, però, troviamo anche le Olimpiadi di Berlino (poteva esimersi Fenton dal far danni anche lì? ma scherziamo?), e qui c’è un piccolo scivolone di date: Le olimpiadi tedesche sono del 1936, mentre la spedizione tedesca in Tibet risale al 1938-39. Poco male, il giocatore medio non risentirà dell’anacronismo.

Ritornando a bomba alla trama, e ai suoi personaggi, non manca, per tutti i romanticoni, anche la comprimaria femminile…

Notate la mano... intendevo dal punto di vista grafico, che avete capito!

Sempre restando sui personaggi, Fenton Paddock si rivela un simpatico scavezzacollo dedito un po’ troppo ad alzare il gomito e soprattutto alle donne: tutti gli stereotipi cari al cinema noir. Impossibile non pensare, e sarebbe un peccato se non lo facessero, pensare ad un secondo episodio, piuttosto che lasciare un personaggio così carismatico nel cassetto.

Non pensare al ciclo di Indiana Jones, è praticamente impossibile: antichi manufatti, continui cambi di scenario, fughe precipitose, inseguimenti, una donna come sparring partner, frequenti viaggi da una parte all’altra del globo, templi da visitare sono gli elementi fondanti dell’avventura.

Voto.

Aridaje co’ sto voto…

More MADS Engine

Ho aggiornato la pagina “MADS engine”, aggiungendo qualche specifica interessante, soprattutto riguardo il file messages.dat contenente il testo delle descrizioni. Per il momento è solo in italiano, ma conto presto di proporla anche in inglese.

Updated “MADS engine” page, adding a couple of interesting specs, mostly about messages.dat file containing descriptions’ captions. Currently it is just in italian, but I plan to translate it also in english.

La Stella Oscura: una promessa che rischia seriamente di essere un successo.

Come acccennavo proprio ieri, ho installato ieri sera DarkStar.

La installazione è durata almeno un’ora (io credo perché mi sono ostinato a lasciarla in background mentre facevo altre cose, come saltare da una scheda all’altra su firefox).

Bene, superata la prima fase in cui ho bisticciato con quicktime (è obbligatorio installarlo, se per qualche motivo non l’avete: DarkStar non è altro che un immenso film diviso nelle sue parti infinitesimali, ad ogni azione segue un filmato, e tutti i filmati sono in formato qt), ho iniziato a percepire il reale valore aggiunto che rappresenta, rispetto alle esperienze di “film interattivo” con cui abbiamo avuto a che fare nel passato:  l’intento è più che ambizioso, la trama estremamente complessa, anche se all’inizio saremo in pratica lasciati da soli, senza memoria, appena risvegliati da un lunghissimo sonno criogenico durato 312 anni (l’azione si svolge nell’A.D. 2499) all’interno di una nave spaziale da esplorare, con l’intento – mi pare di aver capito e spiegherò più in là il perché – di risvegliare una compagna di viaggio che ancora “ronfa”. Una riproposizione in chiave fantascientifico-futuristica della Bella Addormentata nel Bosco, insomma.

Come dicevo, se sono riuscito a montarlo e farlo girare decentemente su un portatile con una scheda grafica integrata nella motherboard, da 2GB o poco più,  vuol dire che la richiesta di risorse hardware è, ai tempi nostri, più che accettabile.  La resa grafica invece è di tutto rispetto, se tenete conto che ogni singola azione umana è stata realmente girata, non digitalizzata (mentre invece buona parte dell’ambiente della navicella mi sembra che sia creato in grafica digitale) . Effetti speciali, colonna sonora, montaggio dei filmati, tutto sembra di livello qualitativo di studio cinematografico hollywoodiano, eppure così non è. Come J. Allen Williams dice parlando del proprio team, “Amici creativi. Prima di tutto, siamo degli amici.  Eravamo nella stessa compagnia. Alcuni di noi sono padrini dei figli di altri. Ridiamo insieme ed insieme piangiamo. Ed insieme ci mettiamo passione nelle cose che facciamo. La Parallax Studio non ha dipendenti: solo amici e soci.
Mischiamo e mettiamo insieme i talenti di ciascuno per sopperire alle esigenze del progetto.  Non ci importa dei soldi o delle tendenze di mercato. Perseguiamo il sogno.
E Darkstar è uno di quei sogni.”,
DarkStar nasce in un appartamento di Nixa, Missouri.

In particolare J. Allen Williams è (trascrivo dal sito di DarkStar) “Scrittore, regista, produttore e capo animazione di Darkstar. Williams è il creatore e la forza di traino di Darkstar. Ha meticolosamente creato la storia, l’architettura, e l’aspetto unico del progetto a partire dalla sua esperienza di regista di video musicali, film aziendali e televisioni private. Jeff si è diplomato all’Istituto Artistico di Kansas City.

Molti dei modelli animati e delle scene sono state realizzati da Williams, così come la regia di molte riprese svolte a Hollywood e nello Studio Parallax in Missouri.

Insomma, una impresa titanica, ma indipendente. Tanto di cappello, Jeffery. Se non altro per aver saputo (ri)proporre un’idea alternativa di film interattivo a cui Heavy Rain ci aveva forse costretto a pensare come l’unica ormai possibile.

Aggiungo che anche se in DarkStar non vi sono all’inzio combattimenti, si può morire comunque lo stesso, soprattutto “facendosi male da soli” con le varie apparecchiature (ed ovviamente, facendo cose platealmente idiote, come io solo so fare …)

Unico neo, grosso: niente sottotitoli, quindi sconsigliatissimo per chi non ci prende proprio in inglese (inglese …. americano) parlato.

Questo ultimo aspetto, insieme ai costi di ordinazione dagli USA, a cui bisogna sommare i costi di spedizione e di diritti doganali (nel mio caso lo scherzetto mi è venuto complessivamente attorno ai 75 euro) lo rendono ancora poco appetibile per l’importazione e per il grande pubblico: ho provato a scrivere a Jeffery Allen Williams chiedendo lumi possibilità di una futura patch che aggiunga i sottotitoli (fra l’altro il problema non è solo per i non anglosassoni, ma anche per i non udenti) e una possibile distribuzione in Europa, magari doppiato in italiano, francese, etc.
Vi farò sapere in merito.

Buona Stella Oscura a tutti.

Aggionamento al volo.

Williams, interpellato, ha risposto istantaneamente:

Wow, Williams mi ha risposto a tempo di record riguardo a sottotitoli e distribuzione in Europa.

Per puro caso, ho una riunione coi colleghi di Londra proprio su questo tema. L’intento sarebbe di produrre una “International Platinum Edition” ed aggiungervi molti extra comprendendo 7 lingue.  Una delle questioni in ballo è se doppiate o coi sottotitoli.  Sono sicuro che la realizzeremo molto presto.
E poi sì, in questa stessa riunione si parlerà della distribuzione in Europa, Giappone e Corea.

Dunque niente patch, tocca ricomprarlo daccapo.
Quindi per voi tutti è ovvio il consiglio di aspettare a mettere mano alla carta di credito e di farvi passare l’attacco di acquisto compulsivo.

Lost Horizon – Recensione – I parte

Grafica.

Credo che sotto questo aspetto ci si trovi di fronte alla migliore espressione delle avventure grafiche in ormai più di una ventina di anni di vita del genere. Lost Horizon raccoglie perfettamente il testimone di una lunga fila di predecessori dai fondali dipinti a mano, puliti, colori pastello, che invitano ad immergersi nella fantasia del racconto.

Un esempio della grafica dei fondali di LH. Non ricorda un po' lo stile di Broken Sword?

Altro aspetto importante, che riprenderemo senz’altro quando si parlerà della storia, è come lo stile generale di filmati, fondali, riprese della telecamera, sia improntato al mondo del cinema. Tanto per dare un’idea, guardiamo come siamo accolti dal menu principale del gioco:

Acquistate il biglietto ed entrate nel cinema.

Come vedete, è fin troppo evidente l’intenzionalità di volere immergere il giocatore nell’atmosfera di una sala cinematografica; i riferimenti ai film di Indiana Jones fioccano continuamente, non ultima la schermata che spesso ci troveremo di fronte con la cartina geografica attraversata dal tracciato rosso di un tragitto che stiamo percorrendo. Le animazioni sono estremamente fluide e curate, né altrimenti sarebbe potuto essere se si voleva riprodurre al meglio la sensazione di agire all’interno di un film. Quello che però si deve rimarcare (e vale per un discreto numero di avventure, non solo questa) è il limite della qualità degli artisti grafici (o forse dei motori grafici)  nell’accuratezza della riproduzione dei personaggi: come cartina al tornasole, si può usare ad esempio la mano: osservate come vengono realizzate le mani e capirete il grado di dettaglio raggiunto.  Anche il movimento labiale non è che sia un bel vedere, soprattutto nelle scene animate.Non mi piace dilungarmi molto sulle questioni tecnico-grafiche, pur parlando di avventure – per l’appunto – grafiche: tuttavia, vale la pena ribadire che Lost Horizon offre un’esperienza da questo punto di vista di completa soddisfazione: esplorare gli ambienti e le locazioni è un piacere per gli occhi, e si trova appagante scoprire una dopo l’altra le ambientazioni riprodotte dannatamente bene, e a quanto pare, in maniera estremamente documentata: è evidente che questo abbia comportato un certo lavoro di ricerca: o voi sapete al volo riproporre un locale anni ’30 dell’Hong Kong dell’epoca?

Interfaccia.

Oh, beh, la vostra solita interfaccia con cursore intelligente tasto sinistro “guarda” – tasto sinistro “usa” (che ovviamente cliccando su un personaggio diventa “parla”). Sotto questo punto di vista niente di nuovo sotto i ponti. E’ possibile saltare frasi di dialogo e filmati col tasto destro. Anche per l’inventario niente di particolare: a scomparsa nel lato inferiore dello schermo. Avrete la possibilità di combinare gli oggetti tra di loro (ma di questo voglio parlare diffusamente nella sezione “Enigmi”). Anche in questo caso troviamo la personalizzazione in chiave cinematografica dell’interfaccia di salvataggio/recupero delle partite:

Ogni fotogramma, un salvataggio.

Il gioco assegna automaticamente un’icona, un nome, e l’orario ad ogni salvataggio. Non mi pare che vi sia un limite al numero di salvataggi da effettuarsi. Anche l’interfaccia per i dialoghi è quanto di più classico si possa trovare: lista di frasi tra cui scegliere cliccando. Inutile dilungarsi oltre su questo punto: se doveste giudicare Lost Horizon dall’interfaccia, sarebbe quanto di più comune possiate pensare.

Alla prossima volta sulla parte cicciotta della recensione, ossia Enigmi, Storia, Musiche.

In procinto di installare DarkStar

E’ arrivato!

Dopo quasi un mese dall’ordine, sto per accingermi a provare DarkStar anche a beneficio dei pochi, ma buoni, che leggono il blog, direi, affezionatamente, per mettere in comune pregi e difetti dell’acquistarlo direttamente dagli Stati Uniti senza aspettare una – al momento non annunciata, mi pare – distribuzione in Europa e soprattutto, in Italia. (Adventure Productions, questa era rivolta a voi, tanto lo so che mi leggete, vi tengo d’occhio.)

Ho preso la cosiddetta “Captain’s Box”, una collector’s edition contenente, oltra ai due dvd del gioco in un contenitore dvd, il case dei due cdrom di colonna sonora, una maglietta personalizzata che si può scegliere tra alcune opzioni, due foto autografate con firma stampata dai protagonisti e inseriti in un elegante cartellina nera. In download viene offerto il book del libro in formato pdf e la strategy guide. Quest’ultima, a grande richiesta, viene da qualche giorno inviata anch’essa in formato cartaceo in bianco e nero senza immagini o grafica nel paccone a chi ordina il gioco. Il tutto era inserito in una tristissima busta imbottita, con serio pericolo di ricevere le foto tutte strapazzate (ciò a me non è miracolosamente avvenuto, ma J. Allen Williams, il produttore, ha scritto a tutti gli attuali acquirenti impegnandosi ad effettuare le prossime spedizioni in scatola di cartone più resistente.

Note dolenti: oltre al costo del gioco e dell’invio (diciamo che il gioco viene $ 70,00, la spedizione $ 13,50), si devono sommare una decina di giorni in più all’arrivo per tempi di dogana. Al ritiro all’ufficio postale si dovranno pagare, nel caso della Captain’s Box, altri € 16 euro circa. Insomma, non so adesso che il dollaro si è apprezzato nei confronti dell’euro, ma a me lo scherzetto è venuto quasi un’ottantina di euro. Quindi, se il soldo è per voi una spinta motivazionale superiore all’amore per le avventure grafiche e al fmv, tenetevi alla larga da DarkStar, almeno per il momento.

A stasera per aggiornamenti e impressioni a caldo sui primi istanti di gioco.

La demo di Gray Matter

Liberamente scaricabile dal sito ufficiale, cuba circa 1,7 GB. Di solito non mi affido alle demo, e preferisco “rischiare” comprare a scatola chiusa. Quando poi si tratta di progetti dove è coinvolta Jane Jensen, figuriamoci. Bene, dopo avere atteso l’interminabile installazione, che si è presa cura di installare non so cosa del framework di MS .NET (che già era installato) e dell’SDK di DirectX, il risultato non è stato esattamente da ola.

La demo è in cinque lingue, fra cui anche l’italiano, e vabbé. Pur giochicchiando distrattamente, si è evidenziato qualcosa da correggere (speriamo che sia ancora in corso la fase di betatesting), tipo un “armadio”, probabilmente un “wardrobe”, che era sicuramente da tradurre in “guardaroba”, dato che si tratta di una cabina armadio vera e propria (e forse qualcosa di più di una semplice cabina). Il filmato introduttivo non ha molto al momento di “filmato”, essendo, a voler essere buoni, un fumetto animato (ma già Gabriel Knight ci aveva abituato a cose simili, anche cartacee, non è vero?)

Il filmato introduttivo non brilla per impiego di risorse hw

Il gioco sembra far potentemente uso delle risorse hardware del sistema senza un apparente beneficio a livello di animazione, di modellazione dei personaggi (fatto salvo il culo (scusatemi la franchezza) di Samantha Everett, che per quanto virtuale, fa la sua porca figura),

De gustibus non disputandum est.

e di fluidità dei comandi, di risposta agli stessi e dei movimenti.

Nelle schermate di passaggio e di caricamento, sono riportate in basso alla schermo alcune notizie storiche, che il giocatore leggerebbe pure con piacere, ma che difficilmente riesce a completare, dato che il tempo non lo consente.

Qui Samantha deve trovare il suo coniglietto. Paura!

Anche il motore grafico forse ha ancora bisogno di qualche revisione: mi è capitata una Samantha la cui coda di cavallo e il colletto della camicia erano anteposti al viso, ma potrebbe essere attibuibile alla particolare configurazione di gioco che avevo scelto, assai alta.

Impossibile giudicare la trama, del tutto assente, anche se il continuo riferimento a fatti particolari dei personaggi nelle descrizioni degli oggetti e dell’ambiente circostante lascia intravedere una profondità di sceneggiatura, che è il minimo sindacale che uno si aspetta da una avventura alla Jane Jensen (e sotto sotto il motivo per cui la compriamo). Si esplora molto, in questa demo, null’altro, e fra l’altro non si può salvare.

Insomma, se Gray Matter dovesse uscire in queste condizioni, purtroppo, sono sicuro che avrebbe molte difficoltà ad affermarsi.

Una piccola utilità per le avventure Microprose

Ho sviluppato un piccolo programma che estrae dai file di risorse delle avventure grafiche della Microprose di cui parlavo qualche giorno fa, tutti i file “significativi”; quello per cui dovrebbe interessare i pochi interessati, è che può decomprimere i file contenenti i testi e alcune parti grafiche. E’ tutt’altro che perfetto, e credo che sia un po’ “buggoso”, per esempio estrae anche quando non dovrebbe il file “credits.txr”, e dovrebbe essere un po’ rivisto, ma funziona. Se qualcuno in giro vuole iniziare a tradurre una delle avventure Microprose in attesa che si riesca a sviluppare un tool che inserisca i testi tradotti nei file delle risorse, beh, diciamo che non lo biasimo.

Potete scaricare da qui extracthag.exe, l’eseguibile del programma. Funziona in modo abbastanza intuitivo. Innanzitutto è un programma “console”, nel senso che deve essere lanciato da prompt dei comandi. Si applica ad un file *.HAG, anche se io l’ho testato solo con il tipico GLOBAL.HAG, che è quello che di solito contiene tutti le descrizioni.

Spero che così facendo salti più facilmente fuori qualche collaboratore per lavorare sull’algoritmo di compressione.

Buon divertimento.

I have developed a little program to extract all the “significant” files from Microprose adventure games resource files I was speaking about some days ago; the reason for it should be interesting for the few interested into, is that it can decompress files containing text and some graphics. It is far from being perfect, and I think it is a bit “buggy”, for instance it extracts “credits.txr” file even when it shouldn’t, and it should to be revisited, but it works, all in all. If anybody out there wants to begin to translate a Microprose adventure game waiting for a tool that can insert translated texts back into resource files, well, he’s welcome.

You can download the program executable from here: extracthag.exe. It works in a pretty intuitive way. First of all it is a console application, this means that it must to be launched from the command prompt. It should be launched on a *.HAG file, even if I tested it just with the usual GLOBAL.HAG, the file containing all the descriptions and captions.

I hope this could help finding someone that can work on the compression algorithm.

Enjoy.

Mai più senza Wolfram

Calcola qualsiasi cosa sia calcolabile, anche (e soprattutto) complessa (e non solo).

Quando mi è stato segnalato il sito, un poco scettico, ho digitato “1245!” (1245 fattoriale, vale a dire la moltiplicazione di tutti i numeri da 1 a 1245: 1×2×3×4×….×1245; è una quantità che diverge piuttosto velocemente), pregustando il probabile fallimento del “programmino” online: sono rimasto sbalordito dalla velocità con cui mi ha sputato fuori il primo centinaio, più o meno, delle 3315 cifre da cui è composto questo numero, chiedendomi con sufficienza se volevo vederne di più. Leggete le istruzioni e sbizzarritevi con l’integrale da 0 ad 1 di sin(1/x), o a disegnare grafici. Direi che si può tranquillamente gettare via qualsiasi calcolatrice del mondo.

WolframAlpha

E’ nata una stella…

… e il suo nome è Fenton Paddock.

Lost Horizon, recente uscita della Deep Silver per opera della Animation Arts (la stessa dei due Secret Files), si rivela essere una ottima avventura grafica nella migliore tradizione del genere. Prima di andare al punto e analizzare come tutte le recensioni che si rispettino ogni singolo aspetto dell’opera, do subito un’impressione finale, così chi non ha pazienza di leggere il resto se ne va a letto subito, con la sua risposta bella sotto il cuscino: Lost Horizon non innoverà niente, sarà un pot-pourri di stereotipi del cinema d’avventura archeologica alla Indiana Jones e all’omonimo film di Frank Capra, avrà pure qualche sbavatura in termini di cronologia, ma è dannatamente una bella avventura che svolge il suo lavoro: avvince, diverte, fa giocare. I continui colpi di scena e di ambientazione (frequente negli spostamenti la citazione dai film di Indiana Jones della linea rossa che traccia il percorso dell’aereo sulla cartina geografica) dinamizzano (si dice “dinamizzare”? boh, neologismo.) la trama proprio come in un film; d’altra parte, i numerosi richiami al mondo cinematografico cominciano sin dalla schermata principale, raffigurata come l’ingresso di un cinema: ecco, la Animation Arts ci invita ad entrare per assistere alla loro nuova opera!; anche alcune zoomate da campo lungo a campo medio, in alcune occasioni, dando l’impressione di assistere ad un film.

La confezione, che appaga l’occhio aprendosi a libro con una bella figura tridimensionale di un aeroplano,

Non si vede, ma vi giuro che l'aereo è tridimensionale!

è completa di manuale e poster-gadget; questo genere di cose, alla lunga, ritengo che paghi ed attiri gli appassionati (anche se, e questo ci tengo a sottolinearlo, ciò rappresenta solo la cornice, rispetto al quadro. E il quadro deve essere bello, altrimenti anche la più elegante cornice lascia la crosta semplicemente una crosta.)

Discreta anche l’idea di inserire nel dvd alcuni bonus sbloccabili nel corso del gioco: oltre alla possibilità di rivedere le scene animate già giocate, anche alcuni puzzle e la possibilità di rigiocare il gioco nella versione dimostrativa presentata originariamente.

Continuiamo con i dettagli la prossima volta.