Palle, piatti e concorsi.

Da qualche giorno è stato pubblicato sul portale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca un simulatore delle prove che i candidati dovranno sostenere nel prossimo concorso per professori.

Fra le varie domande, che spaziano dai quesiti di logica a quelli di ortografia, ce n’è una che ha solleticato maggiormente la mia curiosità.

Si tratta del non nuovissimo problema delle pesate; sostanzialmente nella cinquantina di test presenti sul sito, ognuno composto da 50 domande da risolvere in cinquanta minuti al massimo, viene riproposto puntualmente in ogni serie, ogni volta con un numero diverso di oggetti.

In cosa consiste il problema? La sua formulazione tipo è: date N palle, tutte indistinguibili ed uguali, a parte una più pesante delle altre, ed una bilancia a due piatti, quante pesate minime sono necessarie per individuare la palla più pesante?

Il problema è interessante perché è possibile generalizzare la soluzione rispetto al numero delle palle, e anche fare ulteriori osservazioni a margine.

Innanzitutto, come spesso si usa in matematica, iniziamo a considerare i casi “banali”:

per N=1, non c’è niente da pesare, quindi il numero di pesate è zero;

per N=2, chiaramente, è necessaria una pesata;

per N=3, inizia ad apparire la struttura di base dell’intero ragionamento, la cui dimostrazione sarà per induzione; mettiamo una palla su ciascun piatto e ne lasciamo una fuori: se la bilancia si inclinerà, abbiamo trovato la palla più pesante, altrimenti quella lasciata fuori sarà quella cercata; in sostanza, è necessaria una pesata;

per N=4, mettiamo due palle su ciascun piatto, uno dei due si inclinerà, scartiamo le palle dell’altro piatto e ricadiamo nel caso delle due palle già risolto; due pesate, dunque;

da N=5 a N=8 sono necessarie due pesate; la logica è una via di mezzo tra l’approccio di N=3 e N=4: metto due palle su ciascun piatto, se uno dei due si abbassa, ricado nel caso N=2 ed ho un’altra pesata da fare, altrimenti la palla più pesante sta nel gruppo non pesato di 1,2,3 palle a seconda che N sia uguale a  5,6,8, e ricado comunque in un caso per cui è necessaria una sola pesata;

Per N=9, attenzione: potrei (sbagliando strategia) disporre 4 palle su ciascun piatto, ma così facendo rischierei quasi sicuramente di fare 3 pesate, mentre ne sono sufficienti 2: faccio tre gruppi di palle da tre ciascuno, ne confronto due sulla bilancia, il terzo fuori: con una pesata isolo un gruppo da tre, e dunque ho bisogno di una sola ulteriore pesata per identificare la palla più pesante.

Per N=10, siamo costretti ad ammettere che non possiamo escludere che possano essere necessarie 3 pesate: purtroppo dovremo comunque suddividere le 10 palle in gruppi di cui uno superiore a 3 e dunque con un numero necessario di pesate maggiore di 2.

Se si aumenta il numero di gruppi di suddivisione  per ridurre il numero di pesate necessarie per ogni gruppetto, il numero di pesate complessivo non tende a diminuire.

Riassumendo, abbiamo il seguente schema:

N

Gruppo 1

Gruppo 2

Gruppo 3

Pesate

1

1

0

0

0

2

1

1

0

1

3

1

1

1

1

4

2

1

1

2

5

2

2

1

2

6

2

2

2

2

7

3

2

2

2

8

3

3

2

2

9

3

3

3

2

10

4

3

3

3

Sembra dunque che il numero di pesate necessarie non aumenti di pari passo con il crescere del numero di palle. In termini matematici, le due grandezze non sono legate da una proporzionalità con andamento lineare.

Questa tabella può ulteriormente essere riassunta come:

Da N=

A N=

Pesate

2 (30+1)

3 (31)

1

4 (31+1)

9 (32)

2

10 (32+1)

?

3

La casella con il segno “?” è a questo punto facilmente desumibile: è 33, cioè 27; fino a 27 palle sono necessarie al più 3 pesate per trovare quella più pesante; se intuitivamente ci pare poco credibile, non abbiamo altro da fare che effettuare delle prove, ma la matematica ci mette a disposizione degli strumenti molto più potenti come l’induzione: ipotizziamo dunque che per tutti gli interi fino ad N, con N > 3, per N palle di cui una più pesante delle altre, per individuare quest’ultima siano necessarie m pesate dove m è espresso come il numero che soddisfa la condizione: 3m-1+1 ≤ N ≤ 3m  (se M = 3m , allora m=log3M ) e cerchiamo di dimostrare che sia vero che, per ogni M tale che 3m+1 ≤ M ≤ 3m+1 , siano sufficienti al più m+1 pesate. Ma questo è banalmente verificato se applichiamo lo stesso procedimento sopra descritto, ossia formiamo tre gruppi di palle, ognuno dei quali avrà un numero di elementi compreso tra 3m-1+1 e 3m , due dei quali con lo stesso numero, ossia [M/3], dove […] rappresenta la parte intera . Con la prima pesata dunque decideremo in quale gruppo è contenuta la palla più pesante e per quel gruppo vale che il numero di pesate necessario è al più m, e quindi in totale m+1 pesate.

Un fatto interessante è notare che questa struttura di “triplicità” è indotta dal fatto che le nostre bilance hanno due piatti, ma potremmo ipotizzare, anche solo idealmente, delle bilance a tre, quattro,…, P piatti, e a questo punto la regola diventa più genericamente che, data una bilancia a P piatti ed un insieme di palle (con ≥ 2) di cui una più pesante delle altre, il numero di pesate m da effettuare per  determinare quale sia la palla più pesante è dato dall’esponente tale che (P+1)m-1+1 ≤ N ≤ (P+1)m .

E se le palle più pesanti delle altre fossero due? E se fossero Q, con Q < [N/2] ?

Embè? Che succede?

No, non mi sono arruolato nella Legione Straniera (esiste ancora?).

Non ho deciso di lasciar perder col blog, e non mi sono neanche stufato di dedicarmici.

Nessun problema familiare o di lavoro mi sta impedendo di postare.

E’ che uno dei pochi furfanti che si mischiano a noi persone perbene che siamo la maggioranza, ha approfittato con notevole tempismo di una mia disattenzione (aver lasciato la borsa del notebook, con dentro il disco esterno dove c’era dentro tutto il lavoro degli ultimi due anni sul banco dei giornali). Ora sto cercando di recuperare tutti i salvataggi parziali, digitali e non, che avevo effettuato in tempi e su mezzi diversi, e mi sto anche guardando attorno per valutare l’acquisto di un notebook (e questa volta mio e non aziendale) . La cosa che mi fa arrabbiare di più è che dentro c’era anche un sacco di roba comprata in digital delivery … oltre al dvd di Black Mirror 2…

Buona (parzialmente) notizia: il programma di EditMADS, l’editor per i testi delle avventure grafiche Microprose, l’avevo stampato pochi giorni prima, quindi, con un programma OCR piano piano dovrei riuscire a recuperarlo piuttosto che riscriverlo daccapo. A presto!

Ecco il Cinese.

Il Cinese sarebbe quello sulla sinistra. Notare l'impostazione leggermente iconografica ed agiografica.

ComputerWorld riporta in questi giorni del progetto che IBM sta portando avanti in Cina con un azienda locale, relativo alla costruzione di un megacomplesso di ben 6.200.000 di piedi quadrati (che detto così sembra un’area sterminata, ma in realtà si tratta di mezzo chilometro quadrato, certo, comunque tanto) dedicato alla virtualizzazione delle risorse hardware (il fin troppo citato cloud computing, che tutti citano e nessuno sa bene cosa sia o a cosa serva). Beh, pare proprio che le profezie fantascientifiche di Harlan Ellison in “I Have No Mouth And I Must Scream” comincino ad avverarsi.

La sorgente della notizia, per completezza.

In procinto di installare DarkStar

E’ arrivato!

Dopo quasi un mese dall’ordine, sto per accingermi a provare DarkStar anche a beneficio dei pochi, ma buoni, che leggono il blog, direi, affezionatamente, per mettere in comune pregi e difetti dell’acquistarlo direttamente dagli Stati Uniti senza aspettare una – al momento non annunciata, mi pare – distribuzione in Europa e soprattutto, in Italia. (Adventure Productions, questa era rivolta a voi, tanto lo so che mi leggete, vi tengo d’occhio.)

Ho preso la cosiddetta “Captain’s Box”, una collector’s edition contenente, oltra ai due dvd del gioco in un contenitore dvd, il case dei due cdrom di colonna sonora, una maglietta personalizzata che si può scegliere tra alcune opzioni, due foto autografate con firma stampata dai protagonisti e inseriti in un elegante cartellina nera. In download viene offerto il book del libro in formato pdf e la strategy guide. Quest’ultima, a grande richiesta, viene da qualche giorno inviata anch’essa in formato cartaceo in bianco e nero senza immagini o grafica nel paccone a chi ordina il gioco. Il tutto era inserito in una tristissima busta imbottita, con serio pericolo di ricevere le foto tutte strapazzate (ciò a me non è miracolosamente avvenuto, ma J. Allen Williams, il produttore, ha scritto a tutti gli attuali acquirenti impegnandosi ad effettuare le prossime spedizioni in scatola di cartone più resistente.

Note dolenti: oltre al costo del gioco e dell’invio (diciamo che il gioco viene $ 70,00, la spedizione $ 13,50), si devono sommare una decina di giorni in più all’arrivo per tempi di dogana. Al ritiro all’ufficio postale si dovranno pagare, nel caso della Captain’s Box, altri € 16 euro circa. Insomma, non so adesso che il dollaro si è apprezzato nei confronti dell’euro, ma a me lo scherzetto è venuto quasi un’ottantina di euro. Quindi, se il soldo è per voi una spinta motivazionale superiore all’amore per le avventure grafiche e al fmv, tenetevi alla larga da DarkStar, almeno per il momento.

A stasera per aggiornamenti e impressioni a caldo sui primi istanti di gioco.

Una piccola utilità per le avventure Microprose

Ho sviluppato un piccolo programma che estrae dai file di risorse delle avventure grafiche della Microprose di cui parlavo qualche giorno fa, tutti i file “significativi”; quello per cui dovrebbe interessare i pochi interessati, è che può decomprimere i file contenenti i testi e alcune parti grafiche. E’ tutt’altro che perfetto, e credo che sia un po’ “buggoso”, per esempio estrae anche quando non dovrebbe il file “credits.txr”, e dovrebbe essere un po’ rivisto, ma funziona. Se qualcuno in giro vuole iniziare a tradurre una delle avventure Microprose in attesa che si riesca a sviluppare un tool che inserisca i testi tradotti nei file delle risorse, beh, diciamo che non lo biasimo.

Potete scaricare da qui extracthag.exe, l’eseguibile del programma. Funziona in modo abbastanza intuitivo. Innanzitutto è un programma “console”, nel senso che deve essere lanciato da prompt dei comandi. Si applica ad un file *.HAG, anche se io l’ho testato solo con il tipico GLOBAL.HAG, che è quello che di solito contiene tutti le descrizioni.

Spero che così facendo salti più facilmente fuori qualche collaboratore per lavorare sull’algoritmo di compressione.

Buon divertimento.

I have developed a little program to extract all the “significant” files from Microprose adventure games resource files I was speaking about some days ago; the reason for it should be interesting for the few interested into, is that it can decompress files containing text and some graphics. It is far from being perfect, and I think it is a bit “buggy”, for instance it extracts “credits.txr” file even when it shouldn’t, and it should to be revisited, but it works, all in all. If anybody out there wants to begin to translate a Microprose adventure game waiting for a tool that can insert translated texts back into resource files, well, he’s welcome.

You can download the program executable from here: extracthag.exe. It works in a pretty intuitive way. First of all it is a console application, this means that it must to be launched from the command prompt. It should be launched on a *.HAG file, even if I tested it just with the usual GLOBAL.HAG, the file containing all the descriptions and captions.

I hope this could help finding someone that can work on the compression algorithm.

Enjoy.

Gray Matter e Collector’s Edition

Come si può facilmente apprendere dalle FAQ (dalla sezione “The Game”) del sito di Gray Matter, l’ultima fatica di Jane Jensen, già uscita per il mercato di lingua tedesca (CHI è Jane Jensen?!? COS’E’ Gray Matter?!???!!!??? ragazzi, siamo messi male…)   è prevista una  Collector’s Edition, comprendente:

  • il gioco confezionato nella scatola “metallica che si apre a libro” (SteelBook Jumbo Case);
  • la colonna sonora del gioco su cd (di Robert Holmes; tanto per rendere l’idea, Robert Holmes è il “signore” che ha composto le musiche di tutti e tre gli episodi di Gabriel Knight );
  • 5 cartoline con scene ed immagini tratte dal gioco;
  • 1 mazzo di carte di gioco di “Gray Matter”;
  • 1 poster a doppia faccia.

Il gioco verrà edito in Italia, pare, dalla Koch Media, che ha già abituato a dare un giusto peso all’occhio nei titoli pubblicati. Mi pare che, praticamente in controtendenza completa rispetto al digital delivering, o forse, tutto sommato, in maniera pienamente complementare, dal punto di vista del marke(t)ting, si stia estendendo come abitudine, più che episodica eccezione, la ricerca di una certa cura anche nella presentazione di certi titoli d’avventura, riprendendo certe usanze che viste oggi sanno d’antico, come la mappa di pezza di Ultima o i dischi per i codici anticopia di Monkey Island. In effetti, la cosa sta in piedi: quale valore aggiunto ormai può fornire il solito involucro dvd case con un triste disco solitario ed al più un manuale mencio da 16 pagine, quando posso, a meno, acquistare in digital delivery lo stesso prodotto? La possibilità di poterlo rivendere o poco più. Così l’edizione retail assume sempre più connotati “tangibili” e non dematerializzati attraverso i gadget e la documentazione cartacea annessa.  In maniera diversa, ma pur sempre assimilabile, a ciò che avviene con la carta stampata rispetto alla diffusione della notizia attraverso i mezzi di informazione come  radio, televisione, quotidiani gratuiti: il gadget o l’allegato è la norma, non l’eccezione, e per alcuni diviene il vero oggetto dell’acquisto.

Er Buchetto

Lasciatemi fare pubblicità, se ne vale la pena.
E’ un’oasi in mezzo alle mille contaminazioni etno-gastronomiche di Roma.
E’ uno dei punti di ristoro che mi fa sentire – ancora- orgoglioso di essere romano d’adozione.
Che bello entrare in una botteguccia rimasta pressoché intatta da oltre un secolo,
e fare una merenda (chiamatela come vi pare, a me “merenda” (le cose da meritarsi) da’ il senso di pasto dell’operaio, o del lavorante dei campi, che, appunto, va meritato (col sudore). Una delle poche cose rimaste di “sinistra”, insomma.)

Er Buchetto è un emblema di Roma. L’osteria per antonomasia, dove mangiare un panino con la porchetta come si deve, con un bicchiere di vino.
Altro  non ci troverete, al Buchetto. Oltre a gente garbata, a romani veri, e a un pasto che sta sotto i dieci euro (poi quello dipende da quante volte farete il bis, è chiaro…).
Qualcuno qui a Roma potrebbe chiamarlo un bujaccaro (venditore di strada di minestra, per estensione locale alla buona, di poche pretese), ma per me è più chic di un ristorante di via Veneto.
Ogni volta che ci passo, il problema di cosa fare per cena è risolto.
Tra il Teatro dell’Opera e la stazione Termini.
Spero un giorno di decidermi a lasciargli qualche verso (rigorosamente in romanesco) composto in suo onore, come tanti hanno già fatto.

Il Grande Disegno

Ho terminato da poco l’ultimo libro di Stephen Hawking “The Grand Design” (Bantam Books, 2010)  che mi ero affrettato a comprare da Amazon in lingua originale sulla scia delle polemiche sorte in seguito all’anticipazione di alcuni contenuti. (Per soli venti euro, con la spedizione; e si tratta di un’edizione di tutto rispetto, con copertina bella solida e pagine in carta patinata a colori; chiaro che il mercato di lingua anglosassone è un oceano rispetto alla pozzanghera del mercato italiano).

In sintesi Hawking, in collaborazione con Leonard Mlodinov,  riprende in toto i concetti espressi con “La teoria del tutto. Origine e destino dell’universo” (Rizzoli, 2004), e vi aggiunge  una ventina di pagine al più per inserire la teoria del multiverso ( che non è fantascienza, in via del tutto speculativa e matematica esiste nell’ottica di unificare in un’unica teoria la gravitazione universale e la teoria dei quanti) e la spiegazione, alla luce della necessità di rispettare la legge della conservazione dell’energia totale di un sistema, del come l’universo possa essersi autogenerato, senza cioè la necessità di un intervento esterno (leggi: un qualche “dio”), se si ha l’accortezza di considerare la materia avente energia di segno positivo e la forza gravitazionale segno negativo. Sotto queste ipotesi, l’energia totale zero era prima, e zero rimane dopo.

Ora, volendo levare delle critiche agli intenti velleitari che l’opera si pone all’inizio, di volere dare una risposta a domande tipicamente metafisiche come “Perché esistiamo?””Perché esiste qualcosa piuttosto che il niente?”, i nostri sostituiscono di fatto al vecchio argomento creazionista un grande, enorme, “Poof!” che sinceramente è più improbabile forse delle raffigurazioni antropomorfe di un burbero vecchietto su una nuvoletta.

In realtà, la scienza che cerca di dimostrare la non necessità ( e dunque la non esistenza) di un qualche dio, si rende ridicola almeno tanto quanto oggi ci sembra ridicola la fede di chi, quattro secoli fa, forzava le prime scoperte scientifiche a sottostare alla cosmogonia “descritta” dalla Bibbia. Ma questo è un vecchio vizio che viene da lontano. Senza contare che, se prima c’era chi si chiedeva chi avesse creato un UNIverso, adesso deve fare i conti con un MULTIcreatore, il che non è certamente semplice.

In buona sostanza, Stephen Hawking per fare una postilla a “La teoria del tutto. …”, in cui introduceva una sorprendente categoria parlando di Dio, probabilmente in senso metaforico/simbolico, e facendo molto chiacchierare su una sua possibile conversione o dichiarazione di fede, ha finito per riscrivere daccapo il libro.

Era buona la prima, Steve…