Embè? Che succede?

No, non mi sono arruolato nella Legione Straniera (esiste ancora?).

Non ho deciso di lasciar perder col blog, e non mi sono neanche stufato di dedicarmici.

Nessun problema familiare o di lavoro mi sta impedendo di postare.

E’ che uno dei pochi furfanti che si mischiano a noi persone perbene che siamo la maggioranza, ha approfittato con notevole tempismo di una mia disattenzione (aver lasciato la borsa del notebook, con dentro il disco esterno dove c’era dentro tutto il lavoro degli ultimi due anni sul banco dei giornali). Ora sto cercando di recuperare tutti i salvataggi parziali, digitali e non, che avevo effettuato in tempi e su mezzi diversi, e mi sto anche guardando attorno per valutare l’acquisto di un notebook (e questa volta mio e non aziendale) . La cosa che mi fa arrabbiare di più è che dentro c’era anche un sacco di roba comprata in digital delivery … oltre al dvd di Black Mirror 2…

Buona (parzialmente) notizia: il programma di EditMADS, l’editor per i testi delle avventure grafiche Microprose, l’avevo stampato pochi giorni prima, quindi, con un programma OCR piano piano dovrei riuscire a recuperarlo piuttosto che riscriverlo daccapo. A presto!

Ecco il Cinese.

Il Cinese sarebbe quello sulla sinistra. Notare l'impostazione leggermente iconografica ed agiografica.

ComputerWorld riporta in questi giorni del progetto che IBM sta portando avanti in Cina con un azienda locale, relativo alla costruzione di un megacomplesso di ben 6.200.000 di piedi quadrati (che detto così sembra un’area sterminata, ma in realtà si tratta di mezzo chilometro quadrato, certo, comunque tanto) dedicato alla virtualizzazione delle risorse hardware (il fin troppo citato cloud computing, che tutti citano e nessuno sa bene cosa sia o a cosa serva). Beh, pare proprio che le profezie fantascientifiche di Harlan Ellison in “I Have No Mouth And I Must Scream” comincino ad avverarsi.

La sorgente della notizia, per completezza.

11 Settembre 2001

Voglio ricordarle così, io, che da sempre mi sono professato contro l’imperialismo americano (ma altrettanto da sempre affezionato all’America simbolo di libertà, di uguaglianza e, ma sì, dài, fratellanza, ci abbiamo sempre creduto in fondo).  Con uno stacco fotografico dal basso verso l’alto, come una cattedrale del duemila, come dita che si levano verso il cielo. In memoria di quanti persero la vita in quello scelleratissimo, funesto –  quanto sembra distante, eppure vicino, nel tempo – 11 settembre 2001 che cambiò la storia del mondo, che lasciò a noi il tremendo compito di raccontare e non dimenticare.

Come immondizia su cui si posano le mosche.

Su Repubblica di oggi, Adriano Sofri ha segnalato un servizio fotografico del Guardian .

All’inizio, sono rimasto semplicemente scioccato, indignato, depresso; ho cercato di afferrare quel morso alla bocca dello stomaco e riporlo, nasconderlo in un angolo della mia coscienza dove urlasse meno forte, dove facesse meno male, e mi facesse sentire meno corresponsabile.

I cenci sporchi su cui sono distesi sono tutto ciò che posseggono.

Il biberon è vuoto.

Alla fine, l’unico gesto concreto, immediato, che mi è venuto in mente di fare per reagire, è stato di pubblicare questa foto sul blog. Poco, forse niente, e le mosche continueranno a ricoprire quei corpi.

L’unico commento che voglio aggiungere, al di là dell’immagine che parla da sola, è che si tratta di profughi afghani in Pakistan, ossia di gente che, in fuga dal conflitto in corso, è due volte vittima delle inondazioni che hanno colpito il paese che li ha ospitati.